lunedì 6 luglio 2015

La spalla dolorosa


Tutti sappiamo che molte “spalle dolorose”, quelle per intenderci che un tempo venivano diagnosticate come "periartrite scapolo-omerale,  sono dovute alla sindrome da impingement subacromiale. Questa condizione è caratterizzata dallo “sfregamento” ripetitivo del tendine del sovraspinato sulla volta coracoacromiale (processo acromiale e legamento coracoacromiale) che determina nel tempo tendinite con o meno associate lesioni parziali o totali del muscolo sovraspinato, borsite e calcificazioni dolorose.


Anatomia e Fisiopatologia

La spalla è costituita da tre ossa: l'osso del braccio (omero), la scapola e la clavicola. Il complesso funzionale della spalla (Fig.1) risulta formato da 3 articolazioni vere:
1) Gleno – Omerale ( nel rapporto scapola – omero e che comunemente viene considerata la vera articolazione della spalla)
2) Acromion- Clavicolare ( nei rapporti scapola – clavicola)
3) Sterno – Clavicolare (nel rapporto sterno, clavicole e gabbia toracica).



La Gleno-omerale è una articolazione a sfera: la testa dell'omero si inserisce appoggiandosi ad una tasca quasi piatta della scapola.
Il braccio è tenuto, in una posizione di sospensione, in sede nella spalla grazie al cercine glenoideo ma soprattutto grazie alla forza di coartazione sviluppata dai muscoli della cuffia dei rotatori.
 La cuffia dei rotatori è una rete di quattro muscoli i cui tendini formano un rivestimento attorno alla testa dell’omero.



La cuffia dei rotatori tiene adeso l’omero alla scapola e aiuta a sollevare e ruotare il braccio.
C’è un sacchetto di lubrificazione chiamato borsa tra il tendine del muscolo sovraspinato ( che appartiene alla cuffia dei rotatori ) in posizione più elevata e l’osso (acromion) che forma la volta della spalla. Questa borsa permette ai tendini della cuffia dei rotatori di scivolare liberamente quando si sposta il braccio.



Si stima che ogni anno una percentuale compresa tra lo 0,7 e il 2% della popolazione generale ricorra alle cure sanitarie per disturbi alla spalla (Roddey et al.,1998).

La lesione della cuffia dei rotatori rappresenta una tra le patologie dell’arto superiore più comuni; interessa giovani e adulti con caratteristiche estremamente eterogenee,siano essi soggetti addetti a lavori pesanti o sedentari e sportivi (Mothadi et al.,2008).
Cause multifattoriali possono essere alla base di questo:già nel 1931 Codman e Akeson indicarono come un’intrinseca degenerazione tendinea dovuta a ipovascolarizzazione,associata a fattori meccanici estrinseci, possa condurre alla lesione della cuffia dei rotatori.
Neer, nei primi anni Ottanta, sostenne che oltre il 95% delle lesioni di cuffia trova la propria causa nel conflitto (impingement) subacromiale a cui è sottoposto il tendine del muscolo sovraspinato nel suo passaggio sotto l’arcata coracoacromiale, tra acromion e testa dell’omero.

In tempi recenti alcune ricerche hanno dimostrato che non sempre il conflitto sub-acromiale è la causa principale del dolore alla spalla e delle lesioni parziali della cuffia, nel caso specifiso del tendine del muscolo sovraspinato. [Ron Dierks et al. Papadonikolakis et al. 2014]. E' stato dimostrato che spesso il conflitto sottoacromiale è dovuto per una prevalenza del deltoide sul sovraspinoso (che spesso è già lesionato per proprio conto per varie cause vascolari, traumatiche, calcifiche ) durante il movimento di abduzione ed elevazione della spalla. Secondo molti Autori ed alcune raccomandazioni internazionali la definizione “sindrome da conflitto” dovrebbe essere quindi abbandonata a favore di una più generica “sindrome da dolore subacromiale”.

Nella foto in alto: ecografia del tendine del sovraspinato, scansione longitudinale. La freccetta gialla indica una lesione parziale del versante articolare. Queste lesioni hanno un’incidenza doppia rispetto a quelle coinvolgenti il versante bursale sebbene tale porzione del tendine non tocchi mai la volta. [Ellman H. 1990]

Rivendendo pertanto la letteratura più aggiornata, possiamo pensare che non vi sia alcuna dimostrazione scientifica che supporti l’ipotesi che le lesioni della cuffia siano, nella maggioranza dei casi, dovute allo sfregamento sull’arco coracoacromiale. Infine sembra non vi sia alcuna dimostrazione che la “sindrome da conflitto subacromiale” possa essere una diagnosi distinta rispetto ad altre condizioni attualmente ben definibili con metodiche opportune di imaging (es. tendinosi della cuffia, lesioni tendinee a spessore parziale o completo) [Codman EA – The Shoulder, Matsen FA – Clinical Practice – Rotator Cuff Faliure].
Insomma, sembrerebbero mancare evidenze sufficienti in tal senso. I classici test come quelli di Neer e Hawkins possono infatti essere sensibili, ma non sono specifici (spec. 36% ± 22%) [Suder et al. 1994, Naredo E. et al. 2002, Park HB. et al. 2005].


Ma quali sono in sintesi i fattori che possono giocare un ruolo nello scatenare il "dolore sub-acromiale " e nell'impotenza funzionale che spesso ne consegue ?

Varianti anatomiche: forma dell’acromion, osteofiti acromiali, modificazioni osteoartrosiche dell’articolazione acromioclavicolare. Questi elementi sono stati spesso chiamati in causa come fattore predisponente, ma e’ ancora molto controverso se l’associazione rilevata negli studi epidemiologici sia di tipo causa-effetto [Soslowky lj. et al. 2002, Maffulli n. et al. 2011].

Cinematica omerale: la migrazione prossimale dell’omero sulla glenoide del braccio a riposo è un segno di malattia tendinea avanzate, ma è appunto la presenza di una severa tendinopatia e la disfunzione della cuffia dei rotatori a determinare tale malposizionamento verso l’alto ed a causare pertanto il conflitto contro l’acromion piuttosto che il contrario.

Eccessiva rigidità della porzione posteriore della capsula articolare: questa condizione sembrerebbe causare effettivamente una riduzione dello spazio subacromiale a causa di un aumento della traslazione anterosuperiore della testa omerale [Umer M. et al. 2012]. Sulla base di questa ipotesi viene suggerito in molti protocolli di riabilitazione lo stretching per il trattamento della rigidità della porzione posteriore della spalla.

Prima di passare ad illustrare il Protocollo Riabilitativo per "l'impingement sub acromiale" o meglio " dolore sub acromiale", dobbiamo fare un breve escursus sui più importanti Test di valutazione.



Test di valutazione della spalla


Il test più semplice da effettuare è lo “Shoulder Mobility” dell’FMS (Functional Movement Screen) che da un punteggio oggettivo al grado di mobilità della spalla. (Fig.1). In questo modo, siamo in grado di valutare contemporaneamente sui tre piani, la mobilità di entrambe le spalle. In particolare il braccio superiore esegue un movimento combinato di flessione, extrarotazione e abduzione; mentre quello inferiore un movimento combinato di estensione, intrarotazione e adduzione. Eseguendo il movimento contemporaneamente con entrambi gli arti, viene valutata anche la mobilità della colonna toracica, della gabbia toracica e dell’”articolazione” scapolo-toracica. Una volta misurata la lunghezza della mano del soggetto da testare, partendo dalla posizione eretta, gli si dice di chiudere i pugni intorno al pollice e di portarli dietro la schiena, uno sopra ed uno sotto, come per unirli. Si misura la distanza tra le parti delle mani più vicine.

 Test di spalla Punteggio 3: distanza tra i due pugni minore della lunghezza della mano 

Test di spalla Punteggio 2: distanza tra i due pugni compresa tra una lunghezza ed una lunghezza e mezzo della mano

Test di spalla Punteggio 1: distanza tra i due pugni maggiore di due lunghezze della mano.

Test spalla Punteggio 0: positività all’ “impingement clearing test” . 

Secondo le linee guida FMS la simmetria tra i due arti è di estrema importanza. Per questo è meglio ricevere un punteggio di 2 per ambo i lati, piuttosto che 3 per uno e 2 per l’altro.














Protocollo riabilitativo dell'impingement sub acromiale

Anche se, come abbiamo visto, le cause dell’impingement sono molteplici, possiamo affermare che nella stragrande maggioranza dei casi all’insorgenza dei sintomi concorrono gesti ripetuti frequentemente (in particolare associazione di movimenti in intrarotazione, abduzione e flessione dell’omero) associati ad una postura scorretta (scapole protratte, abdotte, elevate ed un’ipercifosi dorsale).

Nella fase acuta della patologia, che è quella che obbliga la persona a rivolgersi al proprio medico curante o al proprio fisioterapista di fiducia, il Protocollo da seguire deve essere mirato a:
  1. diminuzione dell’infiammazione e del dolore grazie ad applicazione di ghiaccio e terapie strumentali (tecar, ionoforesi, ultrasuoni, laserterapia); 
  2. migliorare la flessibilità posteriore della capsula; 
  3. migliorare il ROM (range of motion) nel rispetto del dolore;
  4. programmare un lavoro propriocettivo e di controllo neuromuscolare.
  5. iniziare il rinforzo dei muscoli scapolari ed extrarotatori;

1) Per quanto concerne le terapie strumentali non mi sento di dare precise indicazioni per due importanti ragioni. In primo luogo gli studi scientifici che convalidino l'efficacia della terapia strumentali sono veramente pochi, inoltre le terapie strumentali sono spesso "operatori dipendenti". Per quanto riguarda l’applicazione del ghiaccio (crioterapia) dobbiamo ricordare che il tempo di applicazione deve essere intorno ai 20 minuti, per circa 3 volte al giorno, verificando che non si creino arrossamenti sulla cute per vasodilatazione paradossa.

2) La flessibilità posteriore della capsula è fondamentale per il recupero dell’intrarotazione, che risulta il primo movimento limitato dalla patologia nella maggior parte delle persone che ne soffrono. Gli esercizi migliori da utilizzare sono il cross-body stretch e lo sleeper’s stretch, oltre naturalmente alle manovre di mobilizzazione passiva effettuate dal fisioterapista.




3) Nel protocollo riabilitativo è fondamentale cercare di recuperare il maggior range articolare possibile. Questo permette alla muscolatura di lavorare correttamente mentre si eseguono gli esercizi di rinforzo o quelli propriocettivi. In questo senso occorre porre molta attenzione al recupero del ROM per gradi che non evochino dolore. La mobilità sarà prettamente passiva, grazie sempre all'intervento di un fisioterapista.


4) Sempre nel rispetto del dolore, è importante programmare prima possibile degli esercizi attivi di propriocettività in catena cinetica chiusa (davanti ad uno specchio) per un miglior controllo neuromuscolare.

5) Il rinforzo dei muscoli scapolari ed extrarotatori è sicuramente una parte importante del protocollo riabilitativo per prevenire ulteriori danni e per evitare di innescare nuovamente processi infiammatori a carico del tendine del sovraspinato. Gli esercizi proposti, sono mirati al rinforzo dei muscoli: Trapezio fasci medi e inferiori, Dentato anteriore, Piccolo Rotondo, Sottospinato e Sovraspinato. Molta importanza viene data alla fase eccentrica (o fase negativa) della contrazione isotonica (es. lavoro con gli elastici), che si è dimostrata molto efficace in caso di patologie tendinee. Sembra che i vari esercizi vadano effettuati per 3 serie di 12 ripetizioni,  2 volte al giorno per almeno la prima settimana.


Sindrome dolorosa della spalla da calcificazioni


Le calcificazioni dei tendini della cuffia dei rotatori (in passato comprese nel concetto sindromico di periartrite di spalla) costituiscono una patologia molto diffusa che necessita di procedure terapeutiche alternative alla chirurgia classica, ma anche rispetto alle tecniche che la fisioterapia e l'osteopatia possono mettere in campo per cercare una soluzione a questa patologia.


La tendinite calcifica  si manifesta tipicamente con un dolore intensissimo che si presenta senza nessuna giustificazione apparente. A volte il dolore si manifesta in modo molto acuto con una condizione estremamente invalidante che solitamente conduce il paziente al pronto soccorso. Nonostante la sua presentazione drammatica che compromette talvolta completamente anche le attività più semplici, non è una malattia grave e, secondo studi recenti, tende a risolversi spontaneamente nella maggioranza dei casi. Diventa dunque difficile capire quando e per raggiungere quale scopo bisogna ricorrere ad un trattamento.


Il processo di formazione della Tendinite Calcifica avviene in tre fasi:
  1. fase della “metaplasia” o trasformazione fibrocartilaginea del tendine;
  2. fase della “formazione”, con aspetto duro e gessoso dei depositi di calcio;
  3. fase del “riassorbimento” con consistenza cremosa della calcificazioni, simile alla pasta dentifricia.
Nella prima fase le cellule del tendine vanno incontro a infiammazione ed edema tissutale e ad un andamento di cambiamento chiamato metaplasia che permette la formazione di cristalli di calcio. Durante la terza  fase la risposta biologica del corpo produce un cambiamento nella struttura biologica della calcificazione per tentare di riassorbirla e permettere al tendine una propria guarigione
.
Quando i pazienti affetti da tendinite calcifica accusano dolore, significa cche questa è nella fase di riassorbimento. La ragione per cui le persone hanno dolore più spesso durante la fase di riassorbimento si ritiene sia dovuta al fatto che il deposito di calcio è in forte pressione all'interno del tendine.
Un dato interessante è quello emerso da uno studio recente che conferma come molte persone possono essere portatori di tendinite calcifica, senza che a questa consegua una condizione dolorosa e quindi neppure un consulto dello specialista. questo significa che la calcificazione permane alla fase 2).


Spesso però la sintomatologia dolorosa diventa ricorrente a causa del ripertersi della condizione che ha prodotto l'infiammazione-edema-stravaso-calcificazione e che può durare mesi o anni. Questa condizione può essere molto invalidante riducendo la capacità lavorativa fino a portare ad una condizione di ridotta mobilità.
L’approccio terapeutico tradizionale sia del medico di medicina generale e sia di molti specialisti (soprattutto fisiatri) si basa sull’utilizzo di farmaci antinfiammatori (FANS), di infiltrazioni locali con corticosteroidi, di utilizzo di apparecchiature di medicina fisica (Laser, Ultrasuoni, Tecar, etc..), di onde d’urto e alla fine del trattamento chirurgico artroscopico (sostituito dalla TPE).

Una nuova via, a metà strada tra il trattamento conservativo e quello chirurgico, che ha preso sempre più piede negli ultimi anni, è la tecnica percutanea eco guidata (TPE) di lavaggio della calcificazione in anestesia locale. Consiste nella localizzazione ecografica delle calcificazioni e nella loro aspirazione in anestesia locale. Segue un lavaggio bursale e la somministrazione di un corticosteroide. 

Perché l'intervento abbia completo successo è opportuno che la calcificazione sia nella fase 3), quella per intenderci del "riassorbimento".
Laddove l’aspirazione completa non sia possibile perché la calcificazione è in fase 2) la frammentazione della stessa può comunque favorirne il riassorbimento.
Il trattamento percutaneo ecoguidato delle calcificazioni dei tendini della spalla, di gran lunga più frequenti nel tendine del sovraspinato (ma talvolta presenti nel tendine sottoscapolare, dove possono raggiungere discrete dimensioni) è una metodica innovativa rappresenta quindi una procedura terapeutica alternativa all'intervento chirurgico tradizionale, riservato solo a casi selezionati.

La metodica garantisce ottimi risultati che portano ad una drastica riduzione, e spesso risoluzione definitiva, del dolore e ad un successivo miglioramento della funzione e mobilità articolare, grazie a specifica fisioterapia sia con normalizzazioni miofasciali sia con esercizi propriocettivi attivi.